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Consigli alla mamme di bambini piccoli

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REPARTO NEONATO BAMBINO

Primi malanni, prime cure, prime medicine

Tutti i bambini possono avere dei disturbi, alcuni lievi, alcuni più gravi. Quali bambini non hanno colichette, un po’ di tosse, qualche linea di febbre! In questi casi la mamma non deve sostituirsi al medico. Deve però saper cogliere i sintomi, i cambiamenti che nota nel proprio bambino per capire se è il caso di chiamare il dottore, per saper riferire quello che la fa preoccupare. Ecco alcune informazioni e alcuni consigli che vi possono essere utili per affrontare anche questi momenti di incertezza. Se non sapete gestire la situazione, chiamate comunque sempre il pediatra.

Coliche gassose

Cosa sono e come si manifestano
È un evento molto frequente che generalmente colpisce i lattanti sotto i tre mesi di vita. Un attacco di coliche gassose è caratterizzato da un esordio improvviso, generalmente nelle ore pomeridiane o serali, di pianto intenso, acuto e difficilmente consolabile. L’addome in genere è disteso e le gambe sono flesse sull’addome. Il volto è paonazzo, i piedi possono essere freddi e le mani serrate.
Da che cosa sono causate
Il dolore è provocato dalla rapida distensione della parete intestinale determinata dal passaggio di bolle d’aria. Non esiste una sola causa in grado di spiegarle completamente. Sono chiamati in causa fattori come l’ansia dei genitori, l’uso di cibi ricchi di carboidrati; possibili allergie o intolleranze al latte o ad altri cibi assunti dalla mamma; l’eccessiva deglutizione d’aria, legata alla fame e alla non perfetta coordinazione della suzione.
Cosa si può fare per prevenirle o curarle
Poiché le cause possibili sono diverse e a volte contemporanee anche i trattamenti saranno differenti. È comune l’osservazione che l’emissione di feci e gas produca temporaneo sollievo al lattante. Di conseguenza cullare il piccolo tenendolo in posizione prona sull’avambraccio così come praticargli dei massaggi della parete addominale sono accorgimenti che possono apportare un beneficio immediato, anche se temporaneo. Offrire al piccolo un ambiente familiare tranquillo, emotivamente stabile, senza eccessi d’ansia può rendere le coliche meno frequenti e durature. Favorire l’emissione d’aria durante le pause della poppata può essere d’aiuto. Ricordate che anche un’alimentazione eccessiva o troppo scarsa può favorire l’insorgenza di coliche. A volte anche la somministrazione di suppostine alla glicerina, facilitando l’evacuazione di feci e gas, può comportare beneficio. Tuttavia, solo su indicazione del pediatra curante si potrà somministrare medicine o modificare la dieta.
Quanto tempo durano
È difficile che i lattanti abbiano coliche gassose dopo il 3° mese di vita. I genitori devono sapere che, per quanto disperata possa sembrare la sintomatologia si tratterà di un evento destinato a sparire così come si è presentato.

Diarrea e vomito

Che cosa sono
Si parla di diarrea quando il bambino presenta numerose scariche di feci liquide o semi solide e mucose. Il vomito, invece, è caratterizzato dall’emissione forzata dalla bocca di contenuto gastrico o gastrointestinale. Spesso questi sintomi sono associati anche a mal di pancia, irritabilità e febbre. Diarrea e vomito dipendono quasi sempre da infezioni sostenute da microbi (virus, batteri, parassiti), che arrivano nell’organismo attraverso la bocca.
Quando preoccuparsi
Qualunque sia il motivo a determinare diarrea e vomito, l’aspetto che più preoccupa è la perdita di acqua che può disidratare il bambino. La cosa più importante, in questi casi, è valutare se c’è perdita di peso. Occorre, perciò, pesare giornalmente il bambino affetto da diarrea e vomito e bisogna consultare il proprio pediatra in caso di calo di peso. La presenza di bocca secca e la produzione di poca pipì nella giornata vanno considerati come segnali d’allarme.
Che fare
È fondamentale che il bambino nelle prime 4-6 ore beva a volontà: bisogna somministrargli per bocca, e per tutta la durata dei sintomi una soluzione glucosalina (ne esistono diverse in commercio) per ripristinare le perdite di sali minerali dovute al vomito e alla diarrea. Altri liquidi come tè deteinato, camomilla, acqua, tisane, succhi di frutta, etc. sono ritenuti poco adatti alla reidratazione orale a causa di un non corretto bilanciamento delle sostanze che li compongono. Potranno essere usati, come alternativa, nei casi meno gravi, qualora il bambino rifiutasse la soluzione glucosalina. Se c’è vomito le bevande devono essere somministrate a temperatura ambiente o meglio fresche e apiccoli sorsi. L’allattamento al seno non va sospeso. Se il bambino è svezzato, dopo le prime 6 ore bisognerà cercare di tornare alla sua dieta normale, assecondandone i gusti. Altri tipi d’intervento saranno consigliati dal pediatra curante.
Per evitare il contagio
La diarrea è molto contagiosa: la trasmissione della malattia avviene di solito tramite le mani, se contaminate con le feci e poi portate alla bocca. Per prevenire il contagio è utile:

  • lavarsi accuratamente le mani con acqua e sapone prima e dopo di accudire il bambino e cambiato il pannolino.
  • predisporre asciugamani personali per il bambino con diarrea, da cambiare frequentemente
  • disinfettare il water e il bidet con candeggina
  • lavarsi regolarmente le mani, con acqua e sapone, prima di cucinare o di mettersi a tavola
  • gettare al più presto il pannolino sporco di feci, dopo averlo ben chiuso
  • se usate quelli di stoffa cambiateli spesso e lavateli con acqua molto calda

Usate solo i farmaci prescritti dal vostro Pediatra e ricordate che:

  • in caso di abbondante diarrea sono consigliate le soluzioni reidratanti gluco-saline (bevande a base di sali minerali e di zuccheri)
  • se è presente vomito ripetuto, si potranno usare farmaci antivomito, sempre dietro prescrizione medica.
  • se il sederino si arrossa, cambiate il pannolino frequentemente e spalmate sulla parte irritata delle creme a base di ossido di zinco a ogni cambio: spesso l’arrossamento rimane per tutto il tempo in cui il bambino soffre di diarrea.

Chiamare subito il pediatra se:

  • il bambino ha meno di 3 mesi
  • è presente vomito ripetuto che impedisce al bambino di bere
  • il bambino appare disidratato (ha perso peso, urina poco o nulla, ha la bocca asciutta, è prostrato)
  • continua ad avere scariche liquide, dolori alla pancia e non riesce a prendere né cibo, né medicine
  • siete molto preoccupate per la salute di vostro figlio

Tosse

Che cos’è
La tosse è una risposta naturale dell’organismo che serve a espellere aria dalle vie respiratorie in modo rapido e forzato. È il meccanismo con cui vengono allontanate le sostanze nocive che cercano di introdursi nell’albero respiratorio. La tosse può essere secca e a colpi, oppure umida e produttiva. Può essere acuta, quando ha esordio brusco e breve durata, oppure cronica, quando dura da più di tre settimane.
Quando compare
È un sintomo molto comune nell’età infantile, tanto da rappresentare, in molte casistiche, la causa più frequente di consultazione medica. Normalmente la tosse compare quando un qualsiasi ostacolo impedisce la normale respirazione: dal muco che si forma lungo l’apparato respiratorio a qualche corpo estraneo che si introduce con l’aria inspirata (polveri, particelle di cibo, liquidi); la tosse ha comunque lo scopo di liberare le vie respiratorie e quindi proteggere i polmoni da infezioni o infiammazioni. La maggior parte delle volte la tosse è causata da infezioni virali che colpiscono le vie respiratorie, determinando faringite, laringite, tracheite o bronchite. I bambini che frequentano le comunità (asili nido e scuole materne) ne sono maggiormente colpiti.
Altri fattori che possono essere sia causa che fattori predisponenti della tosse sono:

  • il fumo passivo
  • gli inquinanti ambientali
  • gli allergeni inalatori
  • non lavarsi le mani prima e dopo avere accudito il bambino

Che cosa fare
La tosse è un meccanismo di difesa e non deve essere combattuta per forza. Proprio perché può essere indotta da numerose cause non esiste un rimedio unico. Quando, però, la tosse è così importante da svegliare il bambino da provocargli vomito o da renderlo molto sofferente dovrà essere il pediatra a consigliare il rimedio più giusto.
Bisogna chiamare il pediatra con sollecitudine se:

  • il vostro bambino ha meno di un mese, e tossisce insistentemente
  • il respiro è difficoltoso, con produzione di sibili, anche dopo aver pulito il naso
  • la respirazione è frequente e il bambino sembra fare fatica, anche nei momenti di assenza di tosse
  • ha rientramenti respiratori sotto l’arcata costale
  • ha perso i sensi durante gli accessi di tosse
  • le labbra diventano bluastre (cianosi) durante la tosse
  • c’è del sangue nel muco del bambino
  • c’è il sospetto di inalazione di corpo estraneo (piccole parti di giochi, bocconi di cibo): in questo caso la tosse, di solito, compare improvvisamente dopo un momento in cui sembra che il piccolo stia soffocando
  • il bambino è o sembra molto sofferente
  • è presente febbre da più di 3 giorni
  • la tosse dura da più di 2 settimane
  • il bambino ha da 1a 3 mesi di vita e manifesta tosse insistente già da 2-3 giorni
  • sospettate un’allergia (per esempio ai pollini)
  • la tosse disturba il sonno del piccolo o lo fa vomitare

Se siete comunque preoccupati il vostro pediatra saprà consigliare i provvedimenti utili da adottare e programmerà, se lo riterrà necessario, una visita. In attesa dei suoi consigli, tuttavia, è possibile intervenire come segue:

  • idratare il bambino facendolo bere
  • pulire accuratamente il naso, più volte al giorno, con soluzione fisiologica (almeno un ml per narice) e aspirare, con un aspiratore nasale, dopo ogni lavaggio
  • evitate il fumo passivo: il fumo ha un effetto irritante sulla mucosa respiratoria e stimola la tosse. Evitate assolutamente che qualcuno fumi in presenza del bambino. Tenetelo lontano dalla cucina: anche i fumi che si producono cucinando sono irritanti
  • Non forzate il bimbo a mangiare, se non ne vuole sapere; se vomita per un colpo di tosse, potrete riproporgli qualcosa da mangiare, ma in piccole quantità e dopo avere atteso un po’
  • Usate gocce o sciroppi calmanti della tosse solo sotto consiglio del pediatra curante

Febbre

Che cos’è
È l’aumento della temperatura corporea al di sopra dei valori normali. Per il bambino, questi valori variano leggermente nel corso della giornata e possono essere lievemente più elevati dopo pianto intenso e dopo la poppata. Può essere considerato febbre un valore al di sopra di 38°C di rettale o 37,5°C di ascellari.
Che cosa la provoca
La febbre non è una malattia. L’aumento della temperatura corporea viene causato da sostanze che si liberano durante la produzione delle difese naturali ed è esso stesso uno dei meccanismi attraverso il quale l’organismo del bambino si difende quando viene aggredito dall’esterno da un virus o da un batterio, che prediligono una temperatura più bassa. Il corpo, con l’innalzamento della temperatura, si difende dagli organismi invasori.
È pericolosa?
La febbre può essere provocata sia da malattie poco gravi (la maggior parte delle volte), sia da malattie più impegnative (molto più raramente). Non c’è una specifica relazione tra valore della febbre e gravità della malattia: una febbre molto alta, per fortuna, non vuol dire per forza che c’è una malattia molto grave. Valori elevati di temperatura corporea, quindi, possono causare un disagio intenso al bambino, ma non bisogna pensare che la causa sia per forza pericolosa.
Quando è necessario abbassare la temperatura
La febbre non è un nemico da combattere ad ogni costo. Non è necessario, quindi, somministrare medicine tutte le volte che la temperatura supera i valori normali. Abbassare la febbre non aiuta il bambino a guarire prima. Se, però, il bambino mostra malessere, è irritabile o sofferente, è giusto dargli un po’ di sollievo abbassandogli la temperatura. In bambini predisposti la febbre molto alta può causare convulsioni febbrili, che passano in breve tempo e non hanno bisogno di terapia antiepilettica perché non si ripresentino. Solo in questi casi potrebbe essere utile dare l’antifebbrile con valori inferiori a 38°C.
Come si misura la febbre
Per misurare la febbre ci vuole il termometro. Non è corretto affidarsi solo alla percezione soggettiva per dire che il bambino è più o meno caldo. Detto questo, però, bisogna aggiungere che di termometri ne esistono diversi tipi. I più affidabili sono:

  • digitale (elettronico a cristalli liquidi): è veloce, preciso (se posizionato correttamente), sicuro e resistente, anche in caso di caduta. La temperatura compare sul display dopo l’emissione di un segnale acustico.
  • di vetro (di tipo pediatrico): il termometro di vetro pediatrico attualmente non è più in commercio. Però è possibile che ne abbiate uno in casa. In questo caso potete continuare tranquillamente ad usarlo. È una sottile colonnina graduata di vetro contenente mercurio. È molto preciso e abbastanza veloce. La lettura non è sempre agevole e può rompersi. Esistono modelli con un rivestimento plastico della zona tra bulbo e colonnina per evitare che rotture accidentali possano ferire il piccolo

In commercio sono reperibili anche i tipi: auricolare (a infrarossi), cutaneo (a infrarossi), striscia reattiva (a cristalli liquidi) più costosi e non sempre facili da usare.
Dove misurare la febbre
Sia con il termometro digitale che con quello a mercurio la temperatura corporea può essere misurata sia per via rettale che sotto le ascelle. Nei bambini più piccoli, di solito, la via rettale è più agevole. Se usate il termometro a mercurio ricordate di “scaricarlo” sbattendolo in aria a colpi secchi, dopo averlo saldamente afferrato tra pollice e indice, fino a quando la colonnina di mercurio non sarà rientrata nel bulbo. Se utilizzate il termometro digitale, questo dovrà essere acceso prima di usarlo. Per la misurazione per via rettale è preferibile lubrificare il bulbo del termometro con olio o acqua e, dopo avere sdraiato il bambino sul fianco o a pancia in giù, introdurre il termometro per circa 2 cm, accostare i glutei e tenere fermo il bambino per tutto il tempo necessario all’operazione. Trascorso il tempo necessario si leggerà sul termometro il valore della temperatura misurata. Per rapportarlo alla temperatura ascellare bisognerà sottrarre 5 lineette (mezzo grado). Cioè un valore di 38°C di temperatura rettale corrisponderà a circa 37,5°C di temperatura ascellare.
Cosa fare
Se vostro figlio ha meno di 3 mesi di vita, è opportuno consultare il pediatra con sollecitudine. Se invece ha più di 3 mesi, ricordate che il livello della temperatura (cioè una febbre più o meno alta) non è sufficiente da solo a far capire se la malattia è lieve o grave. È importante sapere che bisogna guardare il bambino più che il ter mometro per decidere quando è il caso di preoccuparsi e consultare il pediatra con sollecitudine, o quando invece è possibile rimanere tranquilli, almeno per un po’, ad aspettare l’evoluzione della malattia (che nella maggior parte dei casi va verso la guarigione spontanea in 2-4 giorni). Voi che conoscete bene il vostro bambino, potete ricavare dalla semplice e normale osservazione del suo comportamento alcune caratteristiche che possono aiutarvi a capire quando stia male davvero. Annotate queste caratteristiche (l’aspetto, l’agitazione, lo stato sofferente, il tipo di riposo che riesce ad avere, la presenza di difficoltà a respirare) e comunicatele al vostro pediatra. Lo aiuterete a capire se si tratta di un problema banale o importante e, soprattutto, lo metterete nelle condizioni di programmare la visita al momento più giusto.
I farmaci più usati sono il paracetamolo e l’Ibuprofene di cui esistono diversi preparati in commercio. Per entrambe le medicine si consiglia di non superare i 30 mg per Kg di peso corporeo al giorno (normalmente 10 mg per Kg di peso a dose, non più di tre volte al giorno). E’ consigliabile somministrare la medicina per bocca, per essere sicuri del suo assorbimento. Per via rettale, infatti, non sempre tutto il farmaco somministrato viene completamente assorbito e, quindi, può avere un effetto ridotto o sembrare inefficace. Per consigli più approfonditi è opportuno consultare il proprio pediatra. Se la febbre è molto alta (39°- 40°C) e, nonostante la somministrazione del farmaco, non scende nemmeno un po’ e il bambino vi sembra sofferente, oppure se ci sono altri disturbi che vi preoccupano, consultate il pediatra con sollecitudine.
Possono essere utili degli accertamenti
Qualche volta per capire l’importanza della malattia e la sua causa, il pediatra può avere bisogno di ricorrere, oltre che alla visita, anche a qualche accertamento. In particolare nei bambini più piccoli, in caso di febbre può essere utile eseguire un esame delle urine. Per questo motivo cercate, se possibile, di raccogliere una piccola quantità di urina del bambino poco prima della visita dal pediatra, e di portarla con voi al momento di andare in ambulatorio. Altre indagini potranno essere eseguite, quando possibile, direttamente nello studio del pediatra, altrimenti, se il vostro pediatra lo riterrà necessario, presso un laboratorio esterno.

Dentini

Quando spuntano
I dentini cominciano a formarsi quando il bambino è ancora nella pancia della mamma, verso il secondo - terzo mese di gravidanza. Succede, quindi, che ogni neonato, sin dal primo istante di vita, abbia già nelle sue gengive quelli che saranno i futuri dentini. Per poterli vedere spuntare, tuttavia, bisogna, in genere, aspettare diversi mesi. I primi dentini compaiono, nella maggior parte dei casi, tra il sesto e l’ottavo mese. Ma questa non è una regola ferrea. Succede spesso che il primo dentino compaia anche dopo. Sarà quindi normale vedere bambini di 4 mesi con già qualche dentino, mentre per altri potrebbe essere necessario attendere fino al 17° mese per osservare la “sospirata” comparsa.
I “fastidi” legati alla comparsa dei dentini
La comparsa dei dentini è un evento normale dello sviluppo e, in genere, non rappresenta un problema per il lattante. Alcuni sintomi, però, possono essere messi direttamente in relazione con lo spuntare dei dentini. Per esempio la salivazione abbondante, la voglia di mordicchiare tutto quello che capita a tiro, il rigonfiamento delle gengive, una certa irrequietezza notturna. In genere non c’è una vera e propria sintomatologia dolorosa ma vi può essere una sensazione di “fastidio” di grado variabile che può irritare il lattante. Il vostro pediatra saprà consigliarvi, se fosse necessario, il rimedio giusto a seconda dei casi. È opinione diffusa che alla comparsa dei dentini siano legati anche eventi patologici più importanti, quali la febbre, episodi di diarrea e bronchiti. Non è stata, finora, provata alcuna connessione diretta tra questi episodi e la dentizione. Si ipotizza, tuttavia, che la nascita dei dentini possa rendere il bambino più “sensibile” a infezioni virali respiratorie e gastrointestinali che rappresentano la vera causa dei sintomi descritti sopra (anche perché in questa fase porta alla bocca qualsiasi cosa le capiti a tiro). Anche in questo caso sarà il vostro pediatra a consigliare la terapia giusta.
Bisogna avere cura dei denti da latte
I denti da latte sono destinati a cadere. La sostituzione dei dentini da latte con denti permanenti, comincia normalmente attorno al sesto anno di vita e prosegue fino al dodicesimo. È importante, perciò, avere cura anche dei denti da latte perché accompagneranno la vita del nostro bambino per un periodo di tempo piuttosto lungo. Innanzitutto è necessario evitare assolutamente di dolcificare il succhiotto con zucchero o miele. Questa abitudine, purtroppo usata per calmare il bambino, produce la presenza di carie assai dolorose sui dentini da latte che si presentano più fragili o possono addirittura spuntare già cariati. In secondo luogo, i dentini dovranno essere puliti con uno spazzolino bagnato. Non è consigliabile usare il dentifricio fino a quando il bambino non sarà in grado di lavare i dentini senza ingoiarlo. In ultimo, e in accordo con il vostro pediatra, che valuterà la quantità di fluoro presente nelle acque della vostra zona, potrebbe essere utile somministrare del fluoro al vostro bambino. La somministrazione di fluoro, condotta correttamente, si è dimostrata efficace nel ridurre l’incidenza della carie anche sui denti permanenti, rinforzandone lo smalto e riducendo la formazione della “placca batterica”.
Conservare correttamente i denti da latte, inoltre, è utile per consentire un corretto sviluppo delle arcate dentarie e consentire ai denti permanenti di trovare il giusto spazio quanto toccherà a loro spuntare. Per questo motivo anche i denti da latte sono importanti e vanno salvaguardati.

tratto da ministero salute

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